Cambiare rotta sulla gestione dei rifiuti, è possibile?
Qualsiasi cittadino a Roma come in altre città italiane, non puo che lamentarsi in merito all’ efficienza del servizio di raccolta dei rifiuti, rispetto all’ elevatissima tassa (Tari) che ogni anno è costretto a pagare.
Non è soltanto una questione di cassonetti dei rifiuti stracolmi, animali che razzolano e di cattivo odore per strada. E’ anche una questione di benessere casalingo. Tanti cittadini non comprendono come sia possibile dover pagare 500 euro annui di tassa sui rifiuti e poi doversi anche adoperare non solo per differenziare pile, carta, vetro e plastica (fin qui ci siamo visto che la cosa non è molto complicata), ma addirittura, dopo una dura giornata di lavoro, doversi arrovellare anche nel capire cosa sia “l’ umido” o il “secco” e nel prestare massima attenzione a non errare in che busta dover inserire una tipologia o l’ altra di ciò che quel giorno hai mangiato a casa, con il rischio di doversi tenere in cucina per giorni anche delle buste con odori maleodoranti perche quel giorno “ritirano altro”.
Perche si deve pagare una tassa sui rifiuti e fare anche un lavoro da operatore ecologico casalingo dopo una giornata in cui già si è stressati dal proprio lavoro?
Appare una soluzione di equità sociale, quella di non far pagare alcuna tassa sui rifiuti a chi spende con dedizione enorme tempo ed energia mentale per “differenziare” tutti gli scarti che produce a casa.
Cosi come si dovrebbe lasciare la possibilità di pagare la propria tassa sui rifiuti piu o meno alta che sia, a chi non ha tempo di differenziare, non ha la volontà di tenersi cattivi odori per giorni a casa aspettando che quello sia il giorno dell’ “umido” o del “secco” e non vuol stare con l’ ansia che se un giorno hai errato nell’ inserire un prodotto in una busta piuttosto che in un’altra, il giorno dopo l’ operatore ecologico di turno potrebbe scrivere sul cassonetto del tuo condominio “rifiuto non conforme” ed irrogarti anche una mult oltre alla tassa sui rifiuti iniqua che già paghi. Basta!
Si paga la tassa sui rifiuti, si differenziano pile, vetro, carta e plastica e tutto il resto lo si butta nel cassonetto indifferenziato, presente ogni giorno sotto casa. Si chiama qualità della vita! Poi, si dovrebbero termovalorizzare i rifiuti che non si possono riciclare e si dovrebbe cosi produrre energia elettrica in favore del Comune nel quale si vive, non aprire nuove discariche (a Roma l’ ultima è quella di Albano!).
Differenzio e sudo energie fisiche e mentali? Non pago la tassa sui rifiuti perche sono io che faccio un lavoro. Non voglio differenziare perché ho già mille complicazioni e stress? Pago la mia tassa sui rifiuti.
Questa si chiama liberta ed equità.
Attualmente ci sono in Italia 38 tra inceneritori e termovalorizzatori, contro i 96 della Germania ed i 126 della Francia. Soprattutto al Centro-Sud se ne registra una significativa carenza, che comporta in queste aree d’ Italia un eccessivo ricorso alla discarica o all’esportazione in altre Regioni o all’estero. La discarica ha un impatto 8 volte superiore a quello del recupero energetico negli inceneritori. Diversi flussi di rifiuti, se non recuperati energeticamente, hanno come alternativa il solo smaltimento in discarica: gli scarti del riciclaggio delle frazioni organiche, gli scarti del riciclaggio della plastica e della carta, quelli del riciclaggio dei veicoli a fine vita.
In Italia si è rimasti ancora al vecchio pregiudizio contro l’ “inceneritore”, senza guardare con interesse e senza comunicare in modo corretto, come questa metodologia di smaltimento dei rifiuti a carattere inquinante degli anni 70’,si sia oramai enormemente evoluta grazie all’ innovazione tecnologica degli ultimi decenni ed ai sistemi di filtraggio che caratterizzano il “termovalorizzatore”.
Generare energia dai rifiuti riduce enormemente l’ energia che si genera da energie più inquinanti derivanti dalle fonti fossili. Inoltre, scegliere per i termovalorizzatori le aree più idonee attraverso una corretta pianificazione strategica urbanistica, può generare miglioramenti in diverse aree, rispetto alle condizioni di inquinamento esistenti in numerose zone industriali vicine ai grandi centri urbani.
Aree industriali che sono vetuste o dismesse e che necessitano di riqualificazione e riconversione con tecnologie utili e di ultima generazione con basso impatto ambientale come i termovalorizzatori.
Altro strumento utile a favorirne la nascita, è quello fiscale: dare incentivi economici a chi vive o decide di andare a vivere in una zona limitrofa a quella di un termovalorizzatore ( o fare come a Copenaghen e costruirli nei centri delle grandi città, come segnale inequivocabile che non vi sono rischi per la salute di nessuno!).
Può essere una soluzione certamente idonea a incentivare la nascita di nuovi termovalorizzatori, ad esempio quella di prevedere per tutti gli appartamenti siti nel raggio di 10 km dallo stesso, una “esenzione totale” dalle tasse e imposte che gravano sulla casa (Imu, Tasi, Tari, bollette luce, gas , acqua) e rendere queste zone delle “aree franche urbane” con regimi fiscali agevolati per chi vi crea attività commerciali. Per fortuna è notizia recente che anche in Italia qualcosa si muove sul fronte della termovalorizzazione di ultima generazione con sistemi di filtraggio efficacissimi ed in grado di ridurre le emissioni nocive ad impatto vicino allo 0.
A marzo 2023 entrerà in funzione la nuova Biopiattaforma di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, tra i principali comuni dell’hinterland meneghino. Si tratta del primo termovalorizzatore autorizzato in Italia da un decennio a questa parte in cui tutto è stato sempre ideologicamente bloccato.
A realizzarlo,sarà il Gruppo CAP, la società pubblica che gestisce il servizio idrico integrato (acqua potabile, depurazione acque e gestione della rete fognaria) della Città Metropolitana di Milano, che ha recentemente acquisito la quota di maggioranza (il 79,2%) di Core, consorzio pubblico specializzato in smaltimento di rifiuti attraverso incenerimento e recupero energetico. Sono soci azionisti di Core i Comuni di Sesto San Giovanni, Pioltello, Cologno Monzese, Segrate e Cormano. Il valore del progetto, chiamato “Biopiattaforma”, è di 47 milioni di euro.
Sull’area dell’impianto sorgerà anche un polo di ricerca innovativo che si è già assicurato un finanziamento da 2,5 milioni di euro grazie al progetto europeo Horizon 2020. Una pianificazione urbanistica ponderata ha individuato un’area la cui destinazione d’uso era già di carattere industriale, riconvertendo gli esistenti impianti, con un consumo di suolo pari a zero.
Il percorso partecipativo, chiamato “BiopiattaformaLab” è stato avviato nel novembre del 2018. E’stato costituito il RAB (Residential Advisory Board), un comitato di monitoraggio e controllo composto da cittadini, rappresentanti delle imprese e delle amministrazioni coinvolte, con l’obiettivo di facilitare la comunicazione, l’informazione trasparente e l’interazione tra l’impresa e i cittadini residenti nelle aree urbane circostanti gli impianti dell’impresa. L’idea alla base è quella di garantire trasparenza su tutte le informazioni legate all’attività dell’impianto. Tutti gli atti degli incontri sono scaricabili dal sito www.biopiattaformalab.it.
L’ impianto sarà destinato a bruciare e valorizzare solo fanghi da depurazione: 65mila tonnellate ogni anno (questa la stima) prodotte dai quaranta depuratori distribuiti sul territorio della città metropolitana di Milano.
Dai fanghi, finora materia di scarto, si recupererà tutto quanto possibile: secondo l’azienda, il 75% verrà trasformato in energia (11.120 MWh di calore per il teleriscaldamento) mentre dal restante 25% si otterrà una serie di materie prime, a partire dal fosforo, impiegato in agricoltura ma anche per la produzione di dentifrici e in molti processi in cui è necessario innescare una combustione.
Nella Biopiattaforma arriveranno anche i rifiuti umidi dei comuni serviti da Core, che verranno “digeriti” all’interno di biodigestori, ovvero grandi silos che faranno fermentare il materiale organico a temperatura corporea, circa 37 gradi. Il biogas ottenuto, a sua volta, genererà biometano da autotrazione (da utilizzare per alimentare 2.200 camion aziendali), e , per la frazione residua, potrà essere inserito nella rete nazionale, in quanto combustibile a tutti gli effetti. Si parla di circa 30mila tonnellate annue di rifiuti umidi recuperati, che oggi sono affidati a strutture esterne.
Nel laboratorio di ricerca, invece, si studieranno nuovi impieghi per le componenti nobili presenti nei fanghi di depurazione: ad esempio cellulosa e acidi grassi volatili, che possono essere recuperati per generare nuove molecole e bioplastiche.
In Danimarca il progetto per il termovalorizzatore lo hanno affidato al pluripremiato studio di architettura danese Biarke Ingels Group, è costato circa 660 milioni di dollari e sorge a soli 5 km dal centro della città. Si chiama Amager Bakke, ma lo hanno rinominato Copenhill, “Collina verde”.
L’impianto non è soltanto all’avanguardia per ciò che riguarda la propria meccanica, arrivando a liberarsi di circa 70 tonnellate di rifiuti l’ora (circa 400mila l’anno), ma con un sofisticatissimo sistema di filtraggio riesce a farlo riducendo le emissioni del 99,5% e minimizzando le emissioni di ossidi di azoto di un decimo, grazie a una tecnologia che pulisce le emissioni di gas. Insomma, un incenerimento quasi del tutto privo di fumi inquinanti.
Ma non è tutto, Copenhill è stata anche trasformata in una stazione sciistica artificiale; tre piste di lunghezza pari a 400 metri che uniscono il punto più alto dell’inceneritore, circa 90 metri di altezza, fino alla base. E poi ancora sentieri per il trekking, pareti da scalare e ampi spazi verdi tutti intorno. Mentre sotto, la “montagna” deglutisce immondizia trasformandola in elettricità e calore per quasi 200mila utenze, i cittadini possono godersi una gita sulla neve artificiale; tra l’altro, quest’ultima, fornita dall’ impresa bergamasca Neveplast.
In Svezia, a Stoccolma, negli anni ’90, in previsione della candidatura alle Olimpiadi del 2004, fu creato il quartiere di Hammarby Sjöstad, ex zona industriale trasformata in una sorta di esperimento scientifico a cielo aperto per la gestione dell’immondizia. Non esistono cassonetti per strada, i rifiuti vengono separati, raccolti e distribuiti attraverso un complesso sistema di tubature che li risucchiano e spediscono direttamente al riciclaggio.
Una tecnologia brevetto che potrebbe acquisire Roma come ogni altro comune italiano, riducendo anche il cattivo odore legato all’ esistenza dei tradizionali cassonetti dell’ immondizia.