Quali sono le tecnologie “green” più convenienti da un punto di vista costi-benefici per innovare i sistemi di riscaldamento degli edifici?
Quanto contano le specificità territoriali sul fronte delle performance? In quanto tempo si ripagano gli investimenti?
Queste le domande che hanno tenuto banco al 4° Forum Energia promosso dall’azienda Engie in collaborazione con Anci, The European House-Ambrosetti e Politecnico di Milano.
Un’indagine accurata del Polimi basata su un campione di cinque città (Milano, Genova, Firenze, Parma e Perugia), i cui risultati sono stati svelati in occasione dell’evento ha consentito non solo di fare il punto sullo status quo ma di offrire una “ricetta” alle amministrazioni locali che devono ancora confrontarsi col tema del risparmio energetico o che vogliono ottenere risultati più performanti in ottica smart city.
Oltre tremila i Comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci, per la maggior parte attraverso Paes (Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile) e oltre un migliaio quelli che hanno inserito criteri di efficienza energetica nei regolamenti edilizi, il 600% in più rispetto al 2008.
Dal report Polimi intitolato «La qualità dell’aria nelle città italiane e le tecnologie per l’efficienza energetica nel riscaldamento degli edifici» è emerso che gli impianti termici degli edifici sono responsabili di una quota estremamente significativa delle emissioni giornaliere di CO2 nei mesi invernali, tra il 47% e il 75%.
Tre le soluzioni analizzate per verificarne l’impatto in termini di risparmio energetico ma anche di costi-benefici: caldaie a condensazione, pompe di calore e sistemi di telecontrollo. «Le specificità territoriali e le caratteristiche del parco di impianti di riscaldamento sono determinanti nell’influenzare il rapporto costi-benefici dei diversi interventi di efficienza – si legge nel report -.
Ad esempio, in quelle città in cui si registra un uso diffuso di combustibili alternativi al gas naturale (ad esempio, gasolio e legna), la “semplice” installazione di caldaie a condensazione risulta l’intervento con un ritorno più rapido». Il tempo di pay-back dei differenti interventi di efficienza energetica è stimato fra i sei e i 12 anni, senza considerare – evidenzia l’analisi dell’ateneo milanese – le esternalità positive in termini di ambiente, salute e rilancio economico.
Estendendo l’analisi ai 20 capoluoghi di regione italiani, è possibile stimare che le emissioni giornaliere di CO2 complessive nei mesi invernali si ridurrebbero fino al 10% e le emissioni giornaliere di particolato PM10 e PM2,5 nei mesi invernali diminuirebbero da un minimo del 4,3% a quasi il 50%, a seconda della soluzione per l’efficienza energetica oggetto dell’intervento.
Per conseguire tali benefici – puntualizzano i ricercatori del Politecnico – si attiverebbero ingenti investimenti per un controvalore compreso tra 855 e 2.637 milioni di euro, di cui una parte consistente (stimabile tra i 500 e i 1.000 milioni di euro) sarebbe appannaggio delle imprese italiane attive nelle diverse fasi della filiera dell’efficienza energetica.