Il Comune non può imporre limiti di orario all’apertura degli esercizi pubblici perché viola le norme sulla concorrenza.
L’Antitrust ribadisce, così, la completa liberalizzazione della materia. La pronuncia dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato fa seguito a una segnalazione avanzata dalla Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) nei confronti del Comune di Ferrara che, ignorando l’entrata in vigore della legge sulla liberalizzazione degli orari per i pubblici esercizi, continuava a mantenere in vigore una ordinanza che imponeva la chiusura degli stessi alle ore 00.30.
La normativa
L’Autorithy ha ribadito quanto già specificato dalla legge, ossia che i pubblici esercizi hanno libera scelta in materia di orari di apertura e chiusura. L’articolo 31 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 (decreto Salva Italia) ha modificato l’articolo 3, comma 1, lettera d-bis, del Dl 4 luglio 2006 n. 223 (decreto Bersani), il quale, per effetto delle modifiche introdotte, dispone ora che «le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte, tra l’altro, senza i seguenti limiti e prescrizioni: (…) d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio».
La pronuncia dell’Antitrust
Nel provvedimento pubblicato nel bollettino dell’Autorità n. 33 del 21 settembre 2015, si ribadisce, infatti, che «l’orario di apertura dei negozi costituisce una delle dimensioni rispetto alle quali può realizzarsi una concorrenza effettiva tra gli esercenti.
Le restrizioni alla libertà degli operatori economici in materia di orari e di giornate di apertura e chiusura degli esercizi commerciali ostacolano pertanto il normale dispiegarsi delle dinamiche competitive». Sulla legittimità dell’articolo 31 del decreto Salva Italia si è pronunciata anche la Corte Costituzionale che, con la sentenza 19 dicembre 2012 n. 299, ha però ribadito che la liberalizzazione degli orari di apertura non determina deroghe rispetto alla tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti quali, ad esempio, l’ambiente, l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la salute e la quiete pubblica. In tal senso la Corte ha puntualizzato che sarà, ad esempio, possibile per l’autorità amministrativa, seppur con adeguata motivazione, ordinare il divieto di vendita di bevande alcoliche in determinati orari oppure disporre la chiusura degli esercizi commerciali per motivi di ordine pubblico.